Si può fare

Chi di voi mi segue da tanto lo sa: in economia sono negata.

Come del resto lo ero in matematica e fisica al liceo.

Ogni singolo esame di economia per me è stato come un parto plurigemellare con bambini podalici.

Un inferno insomma.

Questa volta però pensavo di essere stata brava. Avevo frequentato fin dall’inizio, ero in pari con gli appunti.

Non solo, avevo anche capito di che si stava parlando.

Mai vero.

Peccato che l’esame non sia andato bene. Vado convinta al primo appello: 21.

Non ci siamo, rifacciamolo. 21. Ma che davvero?

Beh dai non c’è due senza tre: 23. Ma tutto okay?

Speravo, almeno per un anno, di non avere esami di economia a settembre. E invece.

Sono partita per Londra con vari ed eventuali appunti di amici.

Scocciata come non mai. Una volta rientrata avrei avuto poco più di una settimana per rimettere insieme tutto.

Stranamente, non avevo più ansia. Alla quarta volta volevo solo il minimo per non rovinarmi la media e andare in pace.

Dopo sei giorni di attesa è accaduto l’inimmaginabile.

Non solo non dovrò mai più toccare gli appunti di international economics, ma la mia media è salva.

Non con il minimo sindacale. E qui non è una questione di vanto, qui è proprio gioia.

Tre anni fa, se mi avessero detto che alla fine un 30 ad economia lo avrei preso anche io non ci avrei mai creduto.

Io che ho sempre vissuto con l’ansia del debito in matematica, che se vedevo due numeri in croce mi prendeva male.

Già, ce l’ho fatta anche io.

L’urlo che ho cacciato quando ho letto il voto penso lo abbiano sentito anche in Himalaya.

Come ha detto una mia amica che condivide i miei problemi con economia: “Dopo aver fatto questo puoi fare tutto”.

Voglio iniziare la fine di questa magistrale così.

Pensando che alla fine, con tenacia e con fatica, ce l’ho fatta anche io.

Questa volta però con leggerezza.

London Diaries 3: chi parte e chi resta

Se c’è una cosa che ho imparato di Londra, è che è un porto di mare.

C’è gente che va e gente che viene in tutti i momenti. Le persone per la strada corrono come se fossero inseguiti da qualcuno e ti adegui al loro passo.

Sai che in questa immensa metropoli ci sono anche dei tuoi amici.

Magari non riesci a vederti perché la vita è davvero troppo frenetica.

Troppi assignment, troppe deadline, la tesi che non si scrive da sola.

Alla fine ce la facciamo a vederci. Magari all’ultimo.

Però va bene lo stesso. Ci sono delle persone che all’università non conosci subito, perché magari non frequentate gli stessi gruppi.

Poi magari ti conosci alla fine, facendo degli orribili lavori di gruppo. E anche se magari state in posti super diversi, incontrarsi è sempre bello.

L’amica che ho visto oggi, che per al privacy chiameremo The not so Danish girl, ha detto una cosa molto vera.

“Goditi questa città, per il dovere avrai tempo dopo.”

Ed è vero.

Negli ultimi giorni mi sono concentrata sulle cose sbagliate, senza pensare che, forse, è importante respirare.

Soprattutto con uno spasmodico senso del dovere e dell’ottimizzazione.

Quindi ho detto basta.

Oggi a Londra c’è il sole, è necessario celebrare.

Ho fatto colazione con lei con calma, ho cancellato tutti i miei piani di studio e lavoro calibrati al millimetro e ho fatto quello che mi andava.

Ho passato del tempo con un’amica ne non si sa quando rivedrò, ho fatto un giro nel mio mercato preferito mangiando dell’ottimo cibo.

Ora sto scrivendo perché ho voglia di farlo.

Vado a rincorrere il sole.

Vado a essere più leggera.

A essere più me.

E va benissimo così.

Una giornata particolare

Il 16 agosto è una giornata particolare.

Il bel tempo ci ha già graziati a Ferragosto, dunque con ogni probabilità il tempo fa schifo.

Tutto è intriso di un grigio torpore. Non si ha voglia di fare nulla, davvero niente.

Si vorrebbe rimanere al letto tutto il giorno.

Eppure no, perché alla fine, ogni maledetto 16 di agosto bisogna alzarsi.

Alla fine è un giorno come gli altri. Come ogni giorno ti sveglierai e ti alzerai dal letto.

A colazione mangerai sempre le stesse cose, perché l’essere umano è abitudinario da morire.

Uscirai di casa per fare quello che devi fare.

Rientrerai stanca, perché come al solito hai fato settordici cose più o meno necessarie.

Calcerai le Vans in un angolo.

Ti butterai sul letto e guarderai il soffitto.

Ti verrà da piangere, ma non è detto che tu lo faccia.

Ti dici che piangere non serve a nulla. Tanto non cambia niente.

Farai un respiro profondo.

Ricaccerai indietro le lacrime. Ti legherai i capelli e penserai a cosa fare dopo.

Se fossi stata a casa avresti già cucinato qualche dolce complesso per tenerti occupata. Ma non sarai a casa. Dunque di cucinare non se ne parla.

Ti affaccerai alla finestra.

Guarderei le nuvole rincorrersi sul tetto della scuola davanti a casa, con la BTP Tower che sbuca dietro.

Sai già che tra poco pioverà. Uscire non sarà una bella idea. Ma tu lo farai comunque.

Ti nasconderai in qualche via londinese e proverai a perderti. Sperando di soffocare quel grande dolore che porti nel petto ogni giorno, per tutto l’anno, ma che ogni 16 di agosto emerge sempre prepotente.

Perché il venerdì sera da quella porta non rientra più nessuno.

Perché per ogni cosa bella che succede non hai più quel numero da chiamare.

Perché per ogni consiglio non hai più quella persona su cui contare.

E tu, alla fine, non ti ci sei davvero abituata.

Mettersi in discussione

Sono sparita da un po’. Non perché non avessi più storie da raccontare, ma perché non potevo raccontarle come avrei voluto.

Dunque ho evitato di annoiare. Adesso però sono qui.

Tra un modello di economia e una pagina di diritto, ho ricevuto una telefonata.

Si tratta di un’amica che non sentivo da un po’. Per la privacy, sarà interpretata dalla fata Morgana, con degli splendidi occhi di ghiaccio.

Abbiamo parlato di tante cose, di quanto sia strano essere grandi, di come le cose cambino e, soprattutto, quanto siamo patologicamente incapaci a seguire i consigli.

Riflettendoci in modo pragmatico, seguire un consiglio è molto semplice. Non è richiesta nessuna laurea in scienze occulte. Sono tre passi consequenziali: riconoscere di aver bisogno di un consiglio, ascoltare il consiglio e infine seguirlo.

Fino a qui tutto bene, ma prima di arrivare a questo punto, è necessario fare un passo chiave: riconoscere di aver bisogno di un secondo parere, fare pace con la questione e individuare chi potrebbe fornire il parere.

Altro problema: scegliere con cura a chi chiedere. È un aspetto fondamentale. Già abbiamo dovuto ammettere di dover chiedere una mano, mica possiamo rivolgerci a qualcuno che ci demolirebbe ulteriormente con la grazia di un elefante.

Una volta individuata questa persona, bisogna ascoltare il consiglio. E poi, respiro profondo: seguirlo. Con convinzione però, mai guardare indietro.

Una volta che ci viene fornita la soluzione, e ci accorgiamo che è affettivamente una scemenza, quasi banale, sorge spontaneo chiedersi: “Ma quindi sono scema anche io?”.

La risposta è no. O meglio, non sempre. Gli attacchi di scemenza ce li abbiamo tutti. Alla fine siamo solo degli esseri umani.

Purtroppo o per fortuna.

A presto,

B.

Ps: tendenzialmente sono team grazia di un elefante quando si tratta di dare consigli. Non è cattiveria, a volte serve un po’ di dura verità, sempre migliore di una confortante bugia.

Internazionale a Ferrara

Tra il 29 e il 1 ottobre si è tenuto il Festival di Internazionale a Ferrara. Ora immaginatevi una piccola città il cui centro storico si colora di vita e ogni punto, davvero ogni punto, abbastanza spazioso da ospitare persone, che sia il teatro comunale o il cortile del Castello Estense, accoglie gli eventi culturali più svariati, dai dibattiti sulla satira, passando per la liberazione sessuale femminile all’essere genitori.

Questo è un po’ lo spirito del posto, un luogo d’incontro in cui misurarsi con diversi punti di vista. Incluso il meraviglioso umido che entra nelle ossa.

Ma va bene così, fa parte del gioco.

Durante questo weekend ricco di spunti intellettuali e gastronomici, ho avuto la possibilità di intervistare Claudia De Lillo, alias Elasti, giornalista, scrittrice e blogger.

Nella chiacchierata che abbiamo fatto per Radioluiss abbiamo parlato di un sacco di cose, di crescita, di sogni e di scrittura. È stato veramente un piacere parlare con lei e scoprire che dietro al personaggio presentato sul blog c’è una perosna genuina e reale.

L’intervista la trovate  qui .

Alla prossima avventura.

 

 

Essere politically correct è troppo mainstream

A volte mi chiedo cosa attraversi la mente di alcuni individui per compiere certe azioni.

Per erigersi giudici degli altri, dall’alto della loro infinita perfezione.

Per prendersi gioco di chi non può difendersi e che, solo per una questione di casualità è in una situazione in cui loro non si trovano.

Sì, alla fine è una questione di caso.

Non siamo noi a scegliere la condizione  in cui nasciamo.

Non scegliamo il nostro sesso, non scegliamo la condizione sociale, non scegliamo se essere sani o  malati.

Dunque tu, che sei un privilegiato, e hai la fortuna di avere una bella vita, accesso ad un’educazione di un certo livello e tante altre possibilità, perché devi fare un video ad una persona che non sa di essere ripresa e inviarlo su una chat per prendertene gioco?

A me non basta come scusa il fatto che tu abbia sbagliato gruppo, perché se pensi di aver risolto scusandoti, allora non hai capito nulla.

Il problema non sono le tue scuse false, il problema sta nel fatto che non abbia compreso quale sia il punto in realtà.

Il punto è che per noia fai video di persone e te ne prendi gioco.

Il punto è che per scherzare si offendono  persone che non ti hanno fatto nulla e non possono risponderti.

Il punto è che il passo al cambio delle parti è breve e tu non te ne rendi conto perché sei troppo annoiato.

Magari la prossima volta qualcuno riprenderà te per noia, mentre non te ne accorgi.

A quel punto che farai?

Luiss will always be there to welcome you home

Ieri è stato il primo giorno di lezioni del secondo anno. Quindi addio etichetta da matricola, siamo persone vissute ormai.

Per certi versi tutto questo è molto simile al rientro a scuola: baci e abbracci come se non ci si vedesse da secoli. Tutti amici, tutti cordiali, come se un’estate potesse mettere un punto e far ricominciare ogni cosa da zero.

Sottolineo il “come se”, perché purtroppo o per fortuna, non si può azzerare tutto a mo’ di cronometro.

Come giustamente ha notato una mia amica, che probabilmente sarà l’unica Serpeverde che mai apprezzerò insieme a Piton, sembrava di tornare a Hogwarts. I tuoi colleghi di corso ormai li conosci quasi tutti, tolto qualche studente in Erasmus, la situazione ormai è familiare.

L’unica cosa nuova è l’anno che abbiamo davanti, ricco di varie ed eventuali, figure improbabili, storie assurde ma realmente accadute, nuovi esami da dare, appunti da prendere, concerti a cui andare, articoli da scrivere, trasmissioni radiofoniche da condurre e, soprattutto, nuove avventure da vivere.

Buon inizio d’anno!

 

 

 

Ciò che resta

Ieri sera ero in macchina con una delle mie donne preferite, che per una questione di privacy sarà interpretata da Carrie Bradshaw versione castana.

Capirete poi il perché.

Visto che erano quasi le 3 di notte non era l’ora delle pessime decisioni, ma delle riflessioni filosofiche.

Ci siamo interrogate sul senso di lasciarsi e riprendersi.

Ne vale la pena?

Ha senso continuare a inseguirsi se poi arrivati ad un certo punto il finale è sempre lo stesso: insieme non ci possiamo stare?

Non per assenza di sentimento, ma perché non siamo capaci.

Vogliamo ma non possiamo.

Non importa quanto uno ci si impegni: prima o poi uno dei due dirà basta.

Ma dirà basta in modo sofferto, dirà basta per poi riscrivere.

Lo dirà perché in quel momento non ha alternative.

Ad un certo punto una delle due parti però inizierà a chiedersi perché.

Perché ci amiamo così tanto ma non siamo capaci di stare insieme?

La mia teoria è che noi esseri umani siamo come le onde.

Le onde possono essere in fase o non in fase.

Se sono in fase è come se andassero insieme, ma se non lo sono ciascuna va per conto proprio.

Possono iniziare in fase e poi separarsi.

Ma non è detto che non si ritrovino.

Ci sono momenti della nostra vita in cui abbiamo bisogno di stare con noi stessi per crescere e cambiare, per diventare stabili da soli.

In alcuni casi un’altra persona è solo di troppo.

Non è detto però che sia una situazione definitiva.

-Quindi fammi capire, siamo come Big e Carrie? Io avrò relazioni fallimentari mentre aspetterò che lui riappaia?-

Forse in parte sì. Ma sicuramente in parte no.

Chi ha detto che devi stare lì seduta ad aspettare? Abbiamo imparato che tanto l’orgoglio in alcuni casi lascia il tempo che trova.

Semplicemente inutile e d’impiccio.

L’orgoglio non riempie il vuoto provocato dalla mancanza, l’orgoglio servirà solo ad arroccarti sul tuo eremo.

E a quel punto cosa avrai risolto?

 

 

Changes

 

A settembre, quasi per scherzo, ho aperto un  blog. Fino a qui nulla di nuovo.

Il perché non lo sapevo neanche io fino in fondo, credo fosse per raccontare di me e di quello che mi capitava intorno.

Poi a un certo punto mi sono stufata della grafica del vecchio blog ed eccomi qua.

Grazie a Francesca l’ho risistemato, ma non temete: blog nuovo e inseguitrice di tram vecchia.

Enjoy!

The End

La fine eh?

Ma la fine di cosa?

La fine di un anno accademico passato ad inseguire tram e autobus, la fine dello studio matto e disperatissimo anche il finesettimana, la fine dell’OhMioDioChiederàAncheQuesto che porta a ripetere alla perfezione dettagli che neanche un pazzo sadico andrebbe a domandare.
Amen, siamo animali strani in fin dei conti.
Così strani che con un nuovo inizio davanti proviamo nostalgia per quel passato, perché alla fine è proprio grazie a quelle ore trascorse chiusi in università che abbiamo conosciuto persone che vale la pena avere accanto.

Persone che prima ancora di essere dei buoni compagni di studio sono degli amici che sanno esserci quando serve, che sia per i riassunti, per spoilerarsi Game of Thrones senza pietà se qualche malcapitato non ha fatto in tempo a vedere le puntata, per rotolare dopo essere andati a mangiare sushi, vivere in radio o bere vino rosso mangiando biscotti alle 2 di notte.

N.B. questa si classifica tra le ottime decisioni delle 2 di notte

E così passi dal Giorno della Matricola al Gran Ballo con la massima nonchalance, come se qualcuno avesse premuto il tasto avanti su un lettore musicale.

La questione è che quel lettore musicale è la tua vita e ti ritrovi a pensare quanto sei cambiata, quanto sei diversa, quanto a volte non riconosci neanche più te stessa.

In fondo però sei sempre tu, sei solo diversa dall’inizio.

Ed è giusto che sia così, altrimenti il tuo vivere non avrebbe senso.

Quindi indossando un abito lungo e dei tacchi 12 ridi e insegui i tuoi amici che rischi di perdere nella folla. Il tutto con un ghiacciolo in mano che porti come fosse un accessorio. 

Chi sa quante altre pagine avrai da scrivere con loro.