“Certe cose le maestre non le fanno”

Ci sono così tante cose sbagliate nella vicenda della maestra di Torino che non so neanche da dove iniziare. Proviamo ad andare con ordine.

La maestra d’asilo per un periodo si è frequentata con un uomo a cui ha inviato un video facendo sexting. E fin qui niente di strano. I due si lasciano e dopo un po’, lui lo invia sul gruppo WhatsApp di calcetto. 

Già qui c’era abbastanza materiale per una denuncia. 

Casualmente, in quel gruppo c’è il padre di un alunno della maestra, che decide di inviarlo alla moglie. A questo punto il video si diffonde a macchia d’olio e la maestra decide di denunciare. Peccato riceva una telefonata dalla madre dell’alunno, che le dice chiaramente di non fare nulla, perché altrimenti avrebbe raccontato tutto alla dirigente scolastica, facendola licenziare. La notizia in realtà è già arrivata, e la dirigente ha già deciso di cacciarla, al grido di: “Non troverai più un lavoro.”

Ah la solidarietà femminile.

Adesso la dirigente scolastica è accusata di minacce, la moglie di estorsione, diffamazione e diffusione del video, come suo marito. L’ex fidanzato è stato condannato a un anno di lavori socialmente utili.

Oltre ai commenti aberranti sotto agli articoli che parlavano della vicenda, ho trovato davvero orripilante l’intervista pubblicata sulla Stampa, dove viene dato fin troppo spazio al padre che ha inviato il video alla moglie. Quest’individuo dà voce alle più bieche rivendicazioni della cultura dello stupro, sostenendo che: “Ha sbagliato lei a inviarlo (il video ndr), queste cose non si fanno.”

Quest’uomo ha un figlio, l’ha generato per partenogenesi? Tramite scissione binaria? Non è dato saperlo.

Veniamo al secondo punto: “Una maestra certe cose non le fa”. Qualcuno mi spieghi la correlazione tra il fare la maestra d’asilo e avere rapporti sessuali perché davvero non ci arrivo. Non mi risulta che nell’esame di abilitazione sia compreso un voto di castità, e anche ci fosse, non avrebbe granché senso perché quello che uno fa nel privato sono sacrosanti affari suoi.

Pensiamo se per un attimo le parti fossero state invertite e fosse stato lui un maestro d’asilo vittima di revenge porn. Sarebbero già state pronte le ospitate da Barbara D’Urso con il titolo “Il maestro più sexy d’Italia” e una poltrona da Uomini e Donne.

Perché lui sarebbe stato celebrato come un vincitore e lei come una prostituta? Perché abbiamo introiettato a meraviglia la dicotomia del “o santa o puttana”, secondo cui una donna per bene non farebbe mai certe cose che sono considerate normalissime per un maschio alpha. In questa storia c’è solo una vittima, che non è una poco di buono, una sprovveduta o un’ingenua. È semplicemente una donna adulta che si è fidata e ha trovato davanti a sé una persona che non l’ha rispettata, condividendo del materiale intimo che non doveva uscire dalla loro conversazione.

Chi deve essere biasimato è l’ex fidanzato, perché non è colpa della maestra se lui è un verme che per fare il vero uomo ha condiviso quei contenuti sulla chat di calcetto. Stesso discorso vale per la coppia che ha concepito i figli per partenogenesi e la dirigente scolastica.

Siamo davanti a un problema sistemico, che deve essere risolto con un’educazione affettiva e sessuale adeguata sin da piccoli. Altrimenti continueremo a essere noi le vittime che hanno sbagliato a mettersi la gonna troppo corta la notte in cui siamo state stuprate o quando i nostri video privati sono finiti sul gruppo di calcetto.

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