Mettersi in discussione

Sono sparita da un po’. Non perché non avessi più storie da raccontare, ma perché non potevo raccontarle come avrei voluto.

Dunque ho evitato di annoiare. Adesso però sono qui.

Tra un modello di economia e una pagina di diritto, ho ricevuto una telefonata.

Si tratta di un’amica che non sentivo da un po’. Per la privacy, sarà interpretata dalla fata Morgana, con degli splendidi occhi di ghiaccio.

Abbiamo parlato di tante cose, di quanto sia strano essere grandi, di come le cose cambino e, soprattutto, quanto siamo patologicamente incapaci a seguire i consigli.

Riflettendoci in modo pragmatico, seguire un consiglio è molto semplice. Non è richiesta nessuna laurea in scienze occulte. Sono tre passi consequenziali: riconoscere di aver bisogno di un consiglio, ascoltare il consiglio e infine seguirlo.

Fino a qui tutto bene, ma prima di arrivare a questo punto, è necessario fare un passo chiave: riconoscere di aver bisogno di un secondo parere, fare pace con la questione e individuare chi potrebbe fornire il parere.

Altro problema: scegliere con cura a chi chiedere. È un aspetto fondamentale. Già abbiamo dovuto ammettere di dover chiedere una mano, mica possiamo rivolgerci a qualcuno che ci demolirebbe ulteriormente con la grazia di un elefante.

Una volta individuata questa persona, bisogna ascoltare il consiglio. E poi, respiro profondo: seguirlo. Con convinzione però, mai guardare indietro.

Una volta che ci viene fornita la soluzione, e ci accorgiamo che è affettivamente una scemenza, quasi banale, sorge spontaneo chiedersi: “Ma quindi sono scema anche io?”.

La risposta è no. O meglio, non sempre. Gli attacchi di scemenza ce li abbiamo tutti. Alla fine siamo solo degli esseri umani.

Purtroppo o per fortuna.

A presto,

B.

Ps: tendenzialmente sono team grazia di un elefante quando si tratta di dare consigli. Non è cattiveria, a volte serve un po’ di dura verità, sempre migliore di una confortante bugia.